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sabato 13 aprile 2013

Gaudì: l'espressività della paranoia.

L'esigenza di creare un'arte capace di dare una definizione dell’interiorità umana é la paranoia di ogni artista. Se poi si parla dell'architetto catalano Antoni Gaudí il concetto appare ancora più evidente. Nato nel 1852 Gaudì prende le distanze dall'architettura funzionale, reclamando il diritto di renderla più metafisica e quindi più accessibile all'inconscio.

Il Parco Guell è il primo di tanti manifesti dell'incredibile fantasia di questo artista (forse è meglio chiamarlo così) che si dispiega in una serie di invenzioni talmente sconnesse dai tradizionali canoni architettonici dell'epoca da catapultarci in un'esperienza che scandaglia i sentimenti, che coinvolge l'anima e il corpo, fino a mescolarli. Per comprendere la sua dimensione fantastica e interiore, anche Park Guell va fisicamente percorso, materialmente toccato, lungamente indagato: è un'esperienza che scandaglia i sentimenti, che coinvolge l'anima e il corpo fino a mescolarli.




Poiché l'architettura di Gaudí parte da bisogni interiori ed affettivi, essa va fisicamente percorsa, materialmente toccata, studiata ossessivamente, al fine di trovare un linguaggio non usuale. La paranoia dell'architetto (o artista) é l'insoddisfazione interiore; curata morbosamente in una dimensione creativa intrecciata nella ragione.
Il linguaggio di Gaudì va letto anche come una devozione sacrale per la Natura e come un ardente amore per il suolo natio, il tutto intriso da intrigante simbolismo materico, fatto di teoremi celesti e di pietre viventi.

Un mondo ricco, ma chiuso al tempo stesso perché troppo personale per essere direttamente trasmissibile. La dimensione espressiva di Gaudí può portare a diverse teorie: dall'ammirazione immediata dei suoi elementi più appariscenti, si può passare all'incomprensione più assoluta, propria delle correnti razionalistiche, che hanno sempre travisato il modernismo come scimmiottamento architettonico. Ma perché questa ambiguità di linguaggio? Perché una paranoia dovrebbe scatenare altre paranoie?

L' architetto, pensa dapprima all'effetto che intende raggiungere, poi l'immagine da creare. Il risultato è pur sempre una sensazione: può essere di paura o di meraviglia, di timore verso Dio o cieca fede per quest'ultimo. Ciò viene raggiunto attraverso il materiale e attraverso la forma, ed ognuno di questi possiede un proprio linguaggio. L'ambiguità gaudiana in realtà si rivela dunque un'irripetibile unicità.

Ciò è evidente in casa Batlò, dove la stessa materia di base (la pasta di vetro) si diversifica in vibrazioni cangianti, offrendo una molteplicità di impressioni: dalla fioritura primaverile alla visione cosmica, per arrivare ad oniriche aperture ossee, cartilagini, circondate da balconi che tanto ricordano gli occhi di un teschio. Forse carne in putrefazione? Simboli di vita e di morte convivono nella paranoia dell'artista catalano, fatta di mortalità e spiritualità Una "casa delle ossa" che connette attraverso sottilissime trame mistero e fantasia.

Ma non c'é nessun Gaudì senza la Sagrada Família, divenuta il suo pensiero dominante, la sua ossessione l'unica via di salvezza, forse, dalla propria morte, un omaggio a Dio. La Sagrada Família è concepita come una grande opera mistica, dal forte simbolismo, che ben si sposa al delirio delle forme intrecciate nervosamente nella decorazioni.



Si rende dunque più intrigante il contrasto tra la dimensione spirituale e quella terrena, tra ciò che resta vivo e ciò che è definitivamente morto.
Un'opera da tramandare negli anni e nelle generazioni, un estremo tentativo di lasciare una parte immortale di se stessi in questo mondo. Gaudì muore nel 1926 lasciandoci un nuovo concetto di monumentalità.

La lezione gaudiana risiede quindi in un'ansiosa (e paranoica) ricerca di espressività, nel bisogno di restituire all'architettura una funzione rappresentativa, recuperando il concetto primordiale dell'arte come autosuperamento dell'esistenza.



M.B.

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