Credo abbiate ben presente quel rumore… tu tu tu tun tutun, tu tu tu tun, tu tu tu tun; sono appiccicato ad un finestrino osservando un mondo che sfreccia creando un dipinto lungo chilometri di frenetiche pennellate sulla tela magica della nostra penisola. Tutto è simile ad una galleria d'arte istantanea che riassume la bellezza e talvolta il degrado di un paese che passa per le sconfinate colline in terra di Siena per arrivare alla periferia fatiscente di qualche città o qualche cavalcavia abbandonato anche dall'ultimo dei Clochards.
Lo spettacolo varia, è emozione in movimento, ti solletichi il cervello con l'idea romantica del viaggio attraverso le terre sconfinate; il tutto accompagnato da quella strana colonna sonora suonata con ruote e binari di metallo dal solito ritmo che nell'insieme e nella semplicità della cosa stimola la fantasia.
Ho tempo per pensare e osservare, lo sguardo a volte si stacca dalla vetrata sul mondo e va a scrutare i volti; davanti a me è seduto un uomo d'affari, i suoi compagni di viaggio sono congegni elettronici, pc, e telefoni, credo sia un grossista di frutta dato che tutti i suoi attrezzi sono marchiati con una specie di mela mangiucchiata. In fondo allo scompartimento sento parlare inglese in uno slang tipicamente statunitense, sono ragazzi che ridono e scherzano attorniati dai loro enormi zaini d'avventura. Dal lato opposto al mio c'è una ragazza che coglie la mia curiosità, è bella e ascolta musica, si vede, è rilassata socchiude gli occhi e guarda lontano drogata dalla miscela musica e finestrino; ditemi chi non ha mai provato questo tipo di sensazione? E' volo libero! tu e tu, la tua musica e lo sguardo perso nell'infinito.
Lo spettacolo varia, è emozione in movimento, ti solletichi il cervello con l'idea romantica del viaggio attraverso le terre sconfinate; il tutto accompagnato da quella strana colonna sonora suonata con ruote e binari di metallo dal solito ritmo che nell'insieme e nella semplicità della cosa stimola la fantasia.
Ho tempo per pensare e osservare, lo sguardo a volte si stacca dalla vetrata sul mondo e va a scrutare i volti; davanti a me è seduto un uomo d'affari, i suoi compagni di viaggio sono congegni elettronici, pc, e telefoni, credo sia un grossista di frutta dato che tutti i suoi attrezzi sono marchiati con una specie di mela mangiucchiata. In fondo allo scompartimento sento parlare inglese in uno slang tipicamente statunitense, sono ragazzi che ridono e scherzano attorniati dai loro enormi zaini d'avventura. Dal lato opposto al mio c'è una ragazza che coglie la mia curiosità, è bella e ascolta musica, si vede, è rilassata socchiude gli occhi e guarda lontano drogata dalla miscela musica e finestrino; ditemi chi non ha mai provato questo tipo di sensazione? E' volo libero! tu e tu, la tua musica e lo sguardo perso nell'infinito.
Decido di imitarla e mi attacco anch'io alle cuffie per iniettarmi una sana dose di benessere facendo trascorrere così l'ultima mezz'ora che mi separa dalla nostra Capitale. Eh già sto andando verso il centro del mondo per inseguire uno dei miei tanti sogni, verso il "Caput Mundi", la culla dell'arte, verso la sede dell'impero partito dai seni di una lupa spelacchiata, la città di Cesare, delle orchestre, di Vacanze Romane e di Alberto Sordi. La città di Cinecittà…la città dei grandi registi.
Il tun tun cominica a cambiare ritmo, diminuiscono i bpm e le carrozze si inclinano a sinistra, il treno rallenta saltando sugli scambi e imboccando il binario per Roma Termini Centrale. Si ferma il treno, prendo il mio bagaglio pezzato e, sempre con la musica che percuote i timpani mi accingo a scendere sulla banchina della grande stazione. La musica aumenta, è partito un pezzo da pelle d'oca "così parlò Zarathustra" di Strauss, componimento che per chi lo conosce ti stordisce e ti fa perdere la concezione dello spazio tempo. Sono in mezzo al tutto quando la musica mi fa rizzare i peli concludendosi a gran potenza in un trionfo di timpani ed ottoni. Wow! tolgo le cuffie e le mie orecchie vengono assalite e stuprate dai rumori dello scalo ferroviario, clacson, altoparlanti, pubblicità su mega schermi, anche il naso vuole la sua parte e come in una trincea senza scampo si difende dai fritti dei fastfood, dall'odore di gasolio tipico dei binari e da odore di piscio. Qualcuno mi urta da dietro passandomi sopra ad un piede con la rotella del suo trolley da mille euro, non chiede nemmeno scusa, ha fretta. Il mondo mi rotea attorno e mi vedo catapultato in una sequenza di un film dove la cinepresa gira frenetica attorno al soggetto, solo, in mezzo al niente. Davanti ho un triste riassunto della nostra società e cosa si vede? Barboni e colletti bianchi, politici e "tassinari", religiosi e criminali tutti in un minestrone amaro girato da un solo mestolo, il dio Denaro. Milioni sono le immagini pubblicitarie sparate nel cervello della gente, un mondo eroso da una vita legata al consumismo nel senso più puro. Mangiare bere e trombare sembra il motto di una massa umana marcia e decadente che si sgretola a causa di abitudini inculcate da una delle creazioni più malefiche dell'era moderna: la scatola magica ovvero il nostro amato televisore. Qualcuno però è ben riuscito a sfruttare questo canale comunicativo per descrivere, a mio parere genialmente, lo status umano che si raggiunge anche in una società dove tutto sembra perfetto, pulito e candido una società che se personificata assomiglierebbe ad un uomo d'affari simile a quello incontrato in treno, ben vestito e curato con la sorpresa di un corpo putrefatto al di sotto di quel costoso capo d'abbigliamento. La superbia dell'uomo di considerarsi evoluto trova il suo baratro nelle creazioni cinematografiche di due registi Siciliani non molto conosciuti Daniele Ciprì e Franco Maresco.
Il tun tun cominica a cambiare ritmo, diminuiscono i bpm e le carrozze si inclinano a sinistra, il treno rallenta saltando sugli scambi e imboccando il binario per Roma Termini Centrale. Si ferma il treno, prendo il mio bagaglio pezzato e, sempre con la musica che percuote i timpani mi accingo a scendere sulla banchina della grande stazione. La musica aumenta, è partito un pezzo da pelle d'oca "così parlò Zarathustra" di Strauss, componimento che per chi lo conosce ti stordisce e ti fa perdere la concezione dello spazio tempo. Sono in mezzo al tutto quando la musica mi fa rizzare i peli concludendosi a gran potenza in un trionfo di timpani ed ottoni. Wow! tolgo le cuffie e le mie orecchie vengono assalite e stuprate dai rumori dello scalo ferroviario, clacson, altoparlanti, pubblicità su mega schermi, anche il naso vuole la sua parte e come in una trincea senza scampo si difende dai fritti dei fastfood, dall'odore di gasolio tipico dei binari e da odore di piscio. Qualcuno mi urta da dietro passandomi sopra ad un piede con la rotella del suo trolley da mille euro, non chiede nemmeno scusa, ha fretta. Il mondo mi rotea attorno e mi vedo catapultato in una sequenza di un film dove la cinepresa gira frenetica attorno al soggetto, solo, in mezzo al niente. Davanti ho un triste riassunto della nostra società e cosa si vede? Barboni e colletti bianchi, politici e "tassinari", religiosi e criminali tutti in un minestrone amaro girato da un solo mestolo, il dio Denaro. Milioni sono le immagini pubblicitarie sparate nel cervello della gente, un mondo eroso da una vita legata al consumismo nel senso più puro. Mangiare bere e trombare sembra il motto di una massa umana marcia e decadente che si sgretola a causa di abitudini inculcate da una delle creazioni più malefiche dell'era moderna: la scatola magica ovvero il nostro amato televisore. Qualcuno però è ben riuscito a sfruttare questo canale comunicativo per descrivere, a mio parere genialmente, lo status umano che si raggiunge anche in una società dove tutto sembra perfetto, pulito e candido una società che se personificata assomiglierebbe ad un uomo d'affari simile a quello incontrato in treno, ben vestito e curato con la sorpresa di un corpo putrefatto al di sotto di quel costoso capo d'abbigliamento. La superbia dell'uomo di considerarsi evoluto trova il suo baratro nelle creazioni cinematografiche di due registi Siciliani non molto conosciuti Daniele Ciprì e Franco Maresco.
I due iniziano la carriera sul finire degli anno ottanta in una rete televisiva Palermitana, la TVM creando dei lavori sperimentali. Nei primi anni novanta trovano posto nei programmi televisivi Blob e Fuori Orario firmati da Enrico Ghezzi in quella che era la Raitre di Angelo Guglielmi dando così vita ad una serie Tv composta da circa cinquanta episodi intitolata "Cinico Tv". I due riescono a lanciare una serie che si oppone totalmente a ciò che comunemente la Tv ci trasmette. Ci viene presentata una società degradante, un ambiente post-moderno, descrizione estrema che sfocia quasi sul post-apocalittico, una predizione di un futuro prossimo rovinato dalle stesse mani umane stregate dai vizi di un popolo ingordo. Non più idoli ed Eroi da imitare ma un disegno riassuntivo dei difetti e della bassezza dell'uomo da contemplare. Ci vengono rappresentati ambienti fatiscenti in bianco e nero contornati da cieli nuvolosi ed opprimenti. Periferie siciliane desolate abitate da protagonisti non professionisti analfabeti, sporchi, ignoranti e talvolta ossessionati dal sesso. L'immagine vitruviana dell'uomo frustata e buttata sul rogo, l'opposto dell'essere persona che si trasforma in animale. Ciprì e Maresco ci propongono così un futuro opposto da quello evoluto dell'immaginario comune.
In questi episodi i registi utilizzano l'inquadratura a campi lunghi servendosi principalmente di ambienti urbani, muri che si perdono all'orizzonte, terreni incolti su uno sfondo lontano di una Sicilia sinistra, abusiva dominata dal nero dal bianco e da alcune vignettature sfumate ai bordi dell'inquadratura. In questi set "da manicomio" prendono vita delle interviste condotte da una voce fuori campo e rivolte a dei protagonisti ambigui, uomini comuni, anzi, uomini recuperati da qualche quartiere stritolato dalla morsa della mafia e dell'ignoranza. Personaggi che trasmettono sporco, puzza, ansia e disperazione. Interviste ossessive portate avanti ad oltranza senza alcuna comprensione da parte degli stessi protagonisti con temi dal contenuto rasoterra. "Cinico TV" è una documentazione comica della bassezza umana, un'esaltazione del brutto come mezzo di sensibilizzazione rivolta ad un pubblico vasto come quello della televisione. In questi episodi i registi ci mostrano l'incompletezza dell'essere umano, utilizzano soggetti maschili e non lasciano spazio all'eleganza e alla grazia della femminilità. E' una messa in scena fissa di un set Siciliano Antimediterraneo che attinge le sceneggiature da quartieri popolari famigerati come il quartiere Zen di Palermo. Siamo spinti ad entrare in una galleria di quadri "Trash" rinvenuti in una discarica abusiva, dipinta però da menti acute con colori pregiati.
I primi minuti di visione di un episodio di Cinico lo spettatore cede al riso, la comicità bassa lo diverte ma poco a poco questa esuberanza sfuma in un senso di malinconia, malessere ed ansia. Il prolungarsi e il ripetersi di scene pietose lo ipnotizzano trattenendolo in un tunnel buio di sensazioni amare, in una dimensione apocalittica dell'essere.
La cinepresa assieme alla voce fuori campo si intrufola all'interno di un mondo tabù spogliandolo e sbattendolo in piazza nella bruttezza della sua naturale nudità.
I primi minuti di visione di un episodio di Cinico lo spettatore cede al riso, la comicità bassa lo diverte ma poco a poco questa esuberanza sfuma in un senso di malinconia, malessere ed ansia. Il prolungarsi e il ripetersi di scene pietose lo ipnotizzano trattenendolo in un tunnel buio di sensazioni amare, in una dimensione apocalittica dell'essere.
La cinepresa assieme alla voce fuori campo si intrufola all'interno di un mondo tabù spogliandolo e sbattendolo in piazza nella bruttezza della sua naturale nudità.
Ma sorge una domanda:"Dove troviamo l'arte in tutto ciò?" Per comprendere meglio il fine di Ciprì e Maresco voglio citare un pezzo tratto dall'intervista "L'estetica del Brutto" di Remo Bodei avvenuta a Roma nel 96 che dice: "Per Rosenkranz vi è anche un'arte brutta, in cui il brutto non solo è qualcosa che l'arte non deve escludere, ma è qualcosa di cui l'arte, la bellezza hanno bisogno, cioè un'opera d'arte è tanto più bella quanto più grande è la quantità di negativo, di brutto, che ha dovuto vincere. Quindi l'arte è in sostanza concepita da Rosenkranz come un combattimento tra l'Arcangelo Gabriele e il diavolo. Soltanto l'arte somma (un Sofocle, un Calderon, per lui, o uno Shakespeare, è tale perché dentro di sé mantiene tutto il fermento, tutti i germi, per così dire, sconfitti) è riuscita a vaccinarsi, è riuscita a mitridatizzarsi contro il veleno del brutto che ha ingerito. Il brutto diventa il presupposto necessario per innalzare il tasso di bellezza. Soltanto al limite del soccombere l'arte può avere un ultimo guizzo e una vittoria. Se l'arte resta pacificata, se l'arte non si scontra coi grandi problemi che sono inafferrabili, ma che rappresentano il male del mondo, le patologie della realtà, quest'arte non avrà nessuna possibilità di grandezza".
Davanti abbiamo quindi due registi senza inibizioni, senza paura dell'opinione pubblica, abbiamo due rivoluzionari e come tali suscitano contrasti e disapprovazioni nuotando contro la corrente di un fiume in piena rifiutando interviste nei Talk di prima serata ed esercitando la loro Arte di registi senza tangere il mondo stesso del cinema soggiogato al commercio. Danno vita a personaggi come il ciclista Francesco Tirone, il gigante Giuseppe Paviglianiti affetto da meteorismo, l'incomprensibile Fortunato Cirrincione, Giuseppe Filangeri, le "schifezze umane" Carlo e Pietro Giordano, i fratelli Abbate, Rocco Cane, Marcello Miranda e Natale Lauria per i quali il pubblico andrà a provare un miscuglio di sentimenti a partire dalla tenerezza per arrivare al disprezzo e finire con la compassione senza però capire alla fine il predominante. Sono personaggi "BORDER LINE" senza possibilità di ritorno, chiusi in una morsa d'ignoranza che spaventa lo spettatore medio, protagonisti totalmente pilotati dalla voce fuori campo che come un marionettista riesce a cogliere l'attenzione di un pubblico vario e distratto. Distrazione data dalle luci dei moderni balocchi, pubblico che non vuole vedere ciò che è, cieco davanti alle scomode verità della vita; pubblico che si aggrappa ai pantaloni dei Reality,talent,talk show uccidendo l'anima dell'arte che trova vita negli applausi finali del pubblico di sala.
Ora a te lettore non resta altro che saziare quel minimo di curiosità che spero di averti acceso e ti auguro a modo dei presentatori dei tempi passati una "Buona Visione in compagnia della BRUTTEZZA di Cinico TV".
L.A.
Consigli di lettura: Intervista a Remo Bodei "L'estetica del brutto"
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