L’espressione “terzo mondo”, coniata nel 1952, sta ad indicare l’insieme dei Paesi in via di sviluppo e sottosviluppati che si contrappongono a quelli del “primo” e del “secondo” mondo. Con la diffusione, dopo il ’45, dell’ industrializzazione crebbe la fiducia nella possibilità di poter riassorbire il distacco tra i mondi, di poter esportare il proprio modello di crescita e di modernizzazione occidentale anche a quella parte di terra. Nonostante aiuti e investimenti, politiche agricole e industriali, già nel corso degli anni Sessanta la forbice delle differenze tra Nord e Sud si allargò sempre più, tanto che presto alcuni Paesi poveri risultarono legati ai ricchi in base ad un rapporto di subordinazione e di sfruttamento economico che quasi ne rafforzò l’arretratezza piuttosto che combatterla. Questa debolezza, unita ad un desiderio di indipendenza, non fece che aumentare la diffusione di un sentimento nazionale in tutti quei territori che presto, venendo in contatto con ideali di giustizia e libertà, diedero avvio ad un processo di decolonizzazione.
Tutto ciò accadde, tra i diversi paesi, anche in Mali. Colonia francese dal 1860 circa, esattamente un secolo dopo ottenne l’indipendenza e l’ascesa al governo del primo presidente della nazione Modibo Keita. In poco tempo però Keita mise in ginocchio l’economia del Paese venendo deposto dopo un sanguinoso colpo di stato nel 1968. La storia si è ripetuta per Moussa Traoré nel 1991 e si è conclusa nel 1992 con le prime elezioni democratiche e l’elezione di Konare che, alla fine del mandato, venne sostituito nel 2002 da Amadou Toumani Touré che, rieletto nel 2007, nel rispetto della Costituzione non si è candidato per il 2012. Ma la storia, si sa, si ripete, si ripete, si ripete e anche A.T.T. ha subito il fatidico golpe lo scorso 22 marzo. Guidato da Amadou Sango, il Comitato nazionale per la restaurazione della democrazia e dello stato ha denunciato il governo di incompetenza e di non aver saputo sedare la ribellione dei tuareg a nord del Paese quindi ha preso il controllo della presidenza, sciolto il Parlamento, arrestato alcuni ministri, sospeso la Costituzione e annunciata una di nuova. ll golpe non avrebbe fatto vittime civili ed i militari avrebbero preso Bamako semplicemente sparando in aria, ma l'ormai ex presidente Touré ed il suo entourage non si trovano più, nessuno sa dove siano fuggiti o dove siano stati portati.
La comunità internazionale, la Francia, gli Usa, gli occidentali in generale e l'Onu stesso hanno condannato il colpo di Stato sottolineando come questo metta a rischio tutta la regione. Non bisogna però dimenticare che il golpe del Mali è una diretta conseguenza della guerra in Libia e del saccheggio delle armi che hanno effettuato i mercenari tuareg arruolati nell'esercito di Gheddafi. Con la caduta del dittatore infatti è aumentato l’afflusso dei profughi verso paesi già economicamente fragili; tra queste persone è emerso anche un gran numero di tuareg che hanno, per l’appunto, ridato impulso al movimento secessionista in Mali del Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad. Ciò, unito alla possibilità che essi abbiano il sostegno dei trafficanti di droga e di Al Qaeda nel Maghreb islamico, ha causato l’abbandono di molti dei propri villaggi per fuggire verso gli stati confinanti. Non bisogna quindi dimenticare che tutto il mondo ha la sua fetta di responsabilità in quella che potrebbe divenire una guerra civile che rischia di infiammare nuovamente anche l'area delle miniere di uranio del vicino Niger e del petrolio del sud dell'Algeria e della Libia. A tutto ciò bisogna aggiungere la possibilità che l’emergenza degli sfollati e le conseguenze della siccità sfocino in una gravissima crisi umanitaria in tutta la regione.
Sebbene le sorti del golpe siano ancora incerte, è sicuro che il caos di Bamako non fa altro che facilitare la rivolta del nord est del Paese e, paradossalmente, il rischio di un esito opposto a quello voluto.
Per definizione il termine ira indica uno “stato psichico alterato, in genere suscitato da uno o più elementi di provocazione, capace di rimuovere alcuni dei freni inibitori che, normalmente, stemperano le scelte del soggetto coinvolto. L'iracondo è caratterizzato da una profonda avversione verso qualcosa o qualcuno o (in alcuni casi) verso se stesso”.
Per definizione la situazione del Mali e del suo popolo può essere vista come preda dell’ostilità e della tensione di quei pochi dimentichi delle proprie responsabilità nei confronti di sè stessi e degli altri.
S.T.
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