Someone take these dreams away / That point me to another day / A duel of personalities / That stretch all true realities [Dead Souls]
La prima volta che ho guardato su YouTube un video dei Joy Division, la figura di Ian Curtis mi colpì in modo impressionante, quasi doloroso. Mi ricordo che pensai: “Ma chi è questo? E perché si muove in quella maniera? Non sembra neanche umano”. Si perché quel ragazzo pallido e magro più che una persona in carne ed ossa, mi parve una figura evanescente, quasi uno spettro emerso da chissà quale luogo per cantare, con voce bassa e malinconica, canzoni cariche di immagini visionarie.
I Joy Division nascono intorno alla metà degli anni ‘70, formati da Bernard Sumner (chitarra), Terry Mason (batteria, poi sostituito da Tony Tabac) e Peter Hook (basso), ai quali si aggiunge poco dopo il giovane Ian Curtis. Inizialmente il gruppo si chiama Warsaw, in onore di una canzone di David Bowie, ma vista l’esistenza di un altro gruppo con un nome simile, diventano i Joy Division.
A suggerire tale nome è lan che lo riprende da un libro, The House Of Dolls, su un gruppo di detenute ebree trattate come schiave sessuali in un lager nazista, e la cui lettura lo aveva particolarmente colpito. Un nome che non ispira certo allegria, ma destinato a rimanere impresso per sempre. I Joy Division danno vita a qualcosa che mai prima si era udito, qualcosa che mai nessuno riuscirà a riproporre. E su tutto spicca lui, Ian Curtis.
Ian Kevin Curtis è un ragazzo particolare, introverso e malinconico che passa l’adolescenza - a Manchester, dov’è nato nel 1956 - a divorare un libro dietro l’altro: i romanzi di Conrad, di J. G. Ballard, di W. Burroughs, ma anche le poesie di Rimbaud, Verlaine e di tutti gli altri poeti maledetti. Ian ama le parole più di ogni altra cosa al mondo, ecco perché fin da piccolo ha come massima aspirazione quella di fare il poeta. Ma gli anni a cavallo tra i ‘70 e gli ‘80 sono anni importanti per la musica: il punk è finalmente emerso con tutta la sua violenza grazie ai Sex Pistols e ai Clash, così come Ziggy Sturdust - ormai trasformato nell’etereo Duca Bianco - è signore incontrastato delle classifiche.
La voglia di suonare e di farsi ascoltare attraverso la musica in quegli anni è forte, e questa voglia ce l’ha anche il giovane Curtis, che si presenta così all’annuncio che Sumner, Mason e Hook avevano messo per trovare un cantante da inserire nel loro gruppo.
I quattro iniziano a suonare, l’alchimia c’è, eccome se c’è: nel 1979 esce il loro primo album Unknown Pleasures. La musica è disperata, elettrica, nervosa, i testi - frutto del genio decadente di Ian - parlano di rabbia, frustrazione, insoddisfazione, disagio. Un disagio che è intrinseco nella natura di Ian, e che a poco a poco si trasforma in depressione, forse alienazione.
Un mondo, quello dentro alla testa di Curtis, che il cantante ha bisogno di esprimere attraverso le parole dei suoi testi, con i quali cerca di esorcizzare le sue paure più profonde. Ma ad un certo punto questo non è più sufficiente: Ian è un ragazzo sensibile, troppo sensibile. Sensibilità dello spirito, e sensibilità del corpo. Si perché egli soffre anche di epilessia fotosensibile, una malattia che lo rende particolarmente esposto agli stimoli visivi e alla luce, e quindi cerca di evitarli vivendo il più possibile all’ombra. Tutto è ombra intorno e dentro Ian.
Anche la sua vita privata non è delle più serene: si sposa con Deborah Woodruff nel 1975, entrambi sono appena diciannovenni. La loro unione ha breve durata: poco dopo la nascita della loro unica figlia, nel 1979, i due si lasciano. Un fallimento, quello matrimoniale, che contribuisce a segnare la sensibilità già disperata di Ian, come si può ben intravedere nel brano Love Will Tear Us Apart.
Il 18 maggio del 1980 nella casa di Ian non si sente nessun rumore, tranne quello di un vinile che gira a vuoto sul piatto. Si tratta dell’album The Idiot di Iggy Pop, il disco è finito da un bel pò, ma continua a girare perché nessuno l’ha tolto dal piatto. Ian non poteva farlo, si perché quella notte aveva deciso di legarsi una corda al collo e di farla finita. Non aveva ancora compiuto 24 anni.
Figura tragica quella di Ian Curtis, in cui alienazione e poesia, si mescolano a tal punto che non è possibile distinguere l’una dall’altra.
D.C.
Ascolti consigliati: Joy Division Unknown Pleasures (1979)
Visione consigliata: Control (2008) di A. Corbijn
1 commento:
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