cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

sabato 12 maggio 2012

Alda Merini e le ombre della mente

Sono nata il ventuno a primavera/ ma non sapevo che nascere folle,/ aprire le zolle/ potesse scatenar tempesta [...]

Alda Merini nasce a Milano il 21 marzo del 1931 e a solo 18 anni, nel 1947, fa la conoscenza di nomi come Manganelli, Spagnoletti, Maria Corti, che leggono le sue poesie e che la incoraggiano a proseguire nel suo impegno letterario.
Nello stesso anno però si manifestano apertamente nella poetessa i primi fantasmi della mente, così angosciosi e debilitanti da farle perdere il contatto con la realtà, tanto che verrà internata, una prima volta per un mese, a Villa Turro a Milano.

Ma l’esperienza del manicomio si ripeterà ancora e dal 1956 al 1972 sarà la volta del Paolo Pini, sempre a Milano.
A causa della malattia Alda si rinchiude in un silenzio poetico che durerà quasi vent’anni che si interromperà nel 1979 quando, soprattutto in La terra Santa, darà avvio alla rielaborazione della sua esperienza.

“Io sono certa che nulla più soffocherà la mia rima,/ il silenzio l’ho tenuto chiuso per anni nella gola/ come una trappola da sacrificio,/ è quindi venuto il momento di cantare/ una esequie al passato”.

Ma sarà L’altra verità. Diario di una diversa a catturare una volta per tutte, imprimendo nella pagina scritta della prosa, quello che ha significato per la Merini l’internamento.
Giorgio Manganelli nella prefazione allo stesso Diario, scrive che esso “Non è un documento, né una testimonianza sui dieci anni trascorsi dalla scrittrice in manicomio. E’ una ricognizione, per epifanie, deliri, nenie, canzoni, disvelamenti e apparizioni di uno spazio-non un luogo- in cui, venendo meno ogni consuetudine e accortezza quotidiana, irrompe il naturale inferno e il naturale numinoso dell’essere umano [...]”.




Infatti con estrema semplicità la Merini racconta dei compagni di “detenzione”, uomini e donne dalla grande umanità e sensibilità, spesso presenti lì in manicomio per errore o per il disinteresse della famiglia; dal Diario emergono però anche gli aspetti brutali e quasi “bestiali” di questi personaggi che, a causa delle medicine e dei trattamenti violenti sembrano diventare degli animali ed essere trattati come tali. Ciò che maggiormente spaventa e stupisce però è la descrizione del personale medico ed infermieristico che tranne poche eccezioni non si risparmia dall’utilizzare terapie e medicinali pericolosi per i pazienti, quasi appunto non fossero vere e proprie persone quelle internate, ma cavie da sottoporre a esperimenti di varia natura.

Ancora Manganelli conclude la sua prefazione dicendo che “Grazie alla parola, chi ha scritto queste pagine non è mai stata sopraffatta, ed anzi non è mai stata esclusa dal colloquio con ciò che apparentemente è muto e sordo e cieco.”

Alda Merini infatti è riuscita a riacquistare parte della sua sicurezza e delle sue capacità proprio grazie alla parola e alla poesia, così forte e potente da vincere la malattia.

G.D.C.


Letture consigliate:

L’altra verità. Diario di una diversa (prima edizione Scheiwiller 1986, nuova edizione Rizzoli 1997);

Vuoto d’amore, 1991, Einaudi

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