cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

sabato 2 marzo 2013

La sfida di Aron Ralston

Canyonlands National Park. 
È tutta la settimana che Aron Ralston, ingegnere ventottenne della Intel, ci pensa: finalmente quel giorno è arrivato. 
Sabato 26 Aprile 2003, una bellissima giornata primaverile, l’ideale per un’escursione nei desolati canyon dello Utah. Una borraccia d’acqua, un paio di sandwich, il walkman, l’immancabile videocamera, una torcia, un coltellino, una corda: lo zaino è fatto. Aron Ralston ha già pianificato tutto, il posto dove lasciare la macchina, l’itinerario da seguire, la meta finale: il Blu John Canyon, gole strettissime nel deserto di terra rossa, uno spettacolo della natura. Aron ha questa grande passione per l’estremo, per le arrampicate, le escursioni sulla neve, il contatto con la natura selvaggia, non a caso uno dei suoi libri preferiti è Into the wild. Tutto questo ad Aron piace farlo da solo, lui e la natura, nessun altro a disturbare i suoi pensieri, nessun altro a coprire il rumore dei suoi passi e del suo respiro affannato. Come sempre, per aggiungere fascino alle sue avventure, anche questa volta non ha lasciato detto a nessuno dove andava. Per sua stessa ammissione, sarà l’errore più grande della sua vita.



Musica in cuffia, Aron Ralston intraprende la sua gita; si arrampica tra le rocce erose dai millenni e dalle piogge torrenziali, si infila nei cunicoli alla scoperta di scenari spettacolari, sempre con la videocamera in mano. Vuole esplorare il Blue John Canyon per qualche ora, poi ritornerà alla macchina prima dell’imbrunire. All’improvviso l’imprevedibile: Aron vuole scendere in una gola stretta, per farlo si aiuta reggendosi ad un masso di forma circolare che si è incastrato tra le pareti della gola, portato dalle piogge torrenziali; il masso però non regge al peso del ragazzo, venuto meno l’appoggio Aron cade ma trascina con sé la roccia che va a schiacciare la sua mano destra contro la parete del canyon. Un dolore lancinante, la mano lacerata; ma questo è nulla, il problema è che Aron non riesce a muoversi da quella posizione, il masso ha incastrato la mano ed è troppo pesante da sollevare. Il panico non fatica a farsi strada nella mente del ragazzo, le sue grida di aiuto sono inutili, è in mezzo ad un deserto di roccia. Con il coltellino Aron prova a scalfire la pietra, ma è troppo dura e la lama troppo piccola, la disperazione sempre più grande. La notte ormai è alle porte, il freddo si fa più pungente e il ragazzo sa bene che prima di domattina le ricerche non inizieranno, ricerche tra l’altro affidate al caso dato che Aron non ha detto a nessuno dove andava.




Non resta altro che provare a dormire, ma come fare in quella posizione? Aron è costretto a restare in piedi, prova ad appoggiare la testa sul braccio ma il dolore e il freddo lo svegliano ogni cinque minuti, puntualmente scanditi dalle continue occhiate all’orologio da polso. Dopo un’eternità, ecco rispuntare la luce del sole, ma solo la luce dato che la piccola porzione di cielo che Aron intravede dalla sua posizione (“la mia finestra sul mondo”) permette ai raggi solari di penetrare solo per pochi minuti. Un’occhiata allo zaino e lo sconforto sale ancor di più, poca acqua e pochissimo cibo.
Domenica pomeriggio. Sono ormai ventiquattro ore che Aron è in questa situazione, decide quindi di affidare le sue ultime strazianti emozioni alla videocamera nella speranza che i suoi genitori e i suoi amici possano un giorno ricevere il suo messaggio d’addio. Il sole scende ancora una volta all’orizzonte, forse per l’ultima volta. Invece no, il tepore dell’alba di lunedì riscalda il corpo del ragazzo, una nuova giornata è iniziata; Aron comincia a conservare la sua stessa urina in vista dell’esaurimento dell’acqua, il cibo ormai è finito.

ARON RALSTON R.I.P. 75-03, queste le lettere scalfite nella roccia da Aron in un momento di sconforto. La sfida contro la natura diventa ora una sfida contro sé stesso. No, non si può morire in questo modo a soli ventotto anni, bisogna prendere una decisone, e alla svelta. Le possibilità di un aiuto esterno sono minime, anche se un elicottero dovesse perlustrare la zona la gola è troppo profonda e stretta per farsi vedere; resta solo un’alternativa: andarsene da lì con le proprie gambe. Ma il modo per andarsene è uno solo…
La mano di Aron ormai è completamente insensibile, di un colore violaceo inguardabile, carne morta ancora attaccata ad un corpo vivo. Prova ad infilare la lama del coltellino nel braccio bloccato, ma riesce a malapena a scalfire la carne e di certo non potrà mai superare l’osso; con estrema lucidità e sangue freddo, facendo perno sul masso Aron si spezza l’avambraccio destro…”Toc”, un rumore sordo che riecheggerà per sempre nelle sue orecchie. Ma il lavoro è solo all’inizio: il coltellino per giunta ha la lama spuntata, quindi Aron deve procedere chirurgicamente ed elidere uno ad uno i tessuti e le vene che tengono legata la mano al braccio, solo a scriverlo il mio stomaco va in subbuglio. Con incredibile forza d’animo e coraggio, finalmente, Aron Ralston si è liberato da quel masso che lo teneva imprigionato da cinque giorni, ma una parte di lui resterà lì per sempre.

Oggi Aron Ralston cammina, corre, nuota, abbraccia sua moglie, tiene in braccio suo figlio, tutto grazie al suo nuovo braccio meccanico con il quale può sfidare ancora la natura, la sua grande passione.
Una volta ha scritto Paulo Coelho: “Una settimana è un periodo più che sufficiente per decidere se vogliamo accettare il nostro destino”; ad Aron Ralston sono servite 127 ore.



M.F.


Visione consigliata:    127 ore (2010), di D.Boyle.
                           Desperate days in Blu John Canyon, documentario della NBC trovabile anche su YouTube.
                               

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