Premessa: come tutte le classifiche, anche questa è
personale e provvisoria. Non nego che vista la vastità delle possibili scelte
io stesso potrei riscriverla X volte in modo diverso.
# 10 – Un giorno di ordinaria follia (J.Schumacher,
1993). Il giorno di ordinaria follia per Bill (Michael Douglas) inizia in
un afoso tardo pomeriggio estivo imbottigliato in mezzo al traffico. Il caldo è
insopportabile, la coda infinita non va avanti, tutti continuano a suonare il
clacson e ad urlare, le mosche non danno tregua…c’è solo una cosa da fare:
lasciare lì la macchina e andare a casa a piedi! “Ehi, dove crede di andare
lei?” “Vado a casa!”.
# 9 – Il pianeta delle scimmie (J.F.Schaffner, 1968). La
prima volta che vidi il finale di questo film restai di stucco. Sarà che quando
guardo un film non mi chiedo mai cosa potrà succedere, ma ingenuamente non mi
era nemmeno passato per la testa che fosse successo veramente. Straordinaria
l’ultima inquadratura che allarga lo zoom fino a svelare il mistero della
disperazione dell’uomo.
# 8 – Salvate il soldato Ryan (S.Spielberg, 1998). La
scena dello sbarco in Normandia è forse la più cruda e veritiera scena di
guerra mai realizzata, che non può non scuotere lo spettatore; dall’apertura
dei portelloni dell’imbarcazione alla pioggia di proiettili è un crescendo di
violenza, dolore, morte fino alle inquadrature di corpi martoriati e dell’acqua
del mare impregnata di sangue. Qui non parlo di una scena bella dal punto di
vista estetico, anzi, ma bella in quanto capace come nessun’altra scena di far
odiare la guerra.
# 7 - Il buono, il brutto, il cattivo (S.Leone, 1966). Il
triello finale è una scena (giustamente) entrata nella leggenda del cinema. Tre
uomini in un cimitero arido e desolato alla ricerca di una tomba piena d’oro.
Il nome della tomba scritto su una pietra, intorno alla pietra i tre uomini con
la mano pronta sulla fondina: chi uccidere per primo? La tensione, le musiche
epiche di Ennio Morricone, i primi piani, lo sguardo affannato di Tuco (Eli
Wallach), preoccupato di Sentenza (Lee Van Cleef), tranquillo del “biondo”
(Clint Eastwood) rendono questa scena memorabile.
# 6 - Apocalypse now (F.F.Coppola, 1979). La chiamano
“psicoguerra”. Proviamo per un attimo a metterci nei panni dei vietnamiti: in
lontananza sentiamo le note della Cavalcata delle Valchirie di Wagner,
guardiamo all’orizzonte e tra la luce del sole al tramonto scorgiamo uno stormo
di “uccelli” avvicinarsi, e più si avvicina più la musica si fa forte e aumenta
di intensità; fino a che lo stormo comincia a lanciare i suoi missili, ed è la
fine per noi, sempre sotto le note di Wagner.
#5 - Il cacciatore (M.Cimino, 1978). Una rivoltella
puntata alla testa, una sola pallottola inserita, cinque possibilità su sei di
sopravvivere. È il terribile “gioco” della roulette russa, che Mike (Robert De
Niro) e i suoi amici, prigionieri dei Vietcong, sono costretti a fare se non
vogliono essere dati in pasto ai topi. Ma Mike ha una forza d’animo
incredibile, e pur di risollevare i suoi amici è disposto ad inserire tre
pallottole come affronto ai Vietcong. Nessuno uscirà più come prima da quella
prigionia.
# 4 - Pulp fiction (Q.Tarantino, 1994). Il periodo pulp
di Tarantino (Le Iene e Pulp Fiction) si può racchiudere nella
scena di quest’ultimo a casa di Brett, dove Jules (Samuel L. Jackson) e Vincent
(John Travolta), i sicari di Marsellus Wallace, interrompono la colazione del
giovane ragazzo a base di hamburger (“La colonna portante di ogni colazione
vitaminica!”), per fare i conti con lui. La scena anche se vista e rivista
mille volte non può non lasciare ipnotizzati per i dialoghi taglienti ed
esilaranti (anche grazie al grande doppiaggio italiano di Luca Ward) con cui
Jules inveisce contro Brett, su tutti il farfugliamento di “cosa?..cosa?” e il
leggendario (finto) passo della Bibbia (“Ezechiele, 25-17”) con il quale lo
scagnozzo è solito dare l’estrema unzione alle sue vittime.
#3 - Rocky II (S.Stallone, 1979). La consueta corsa
di allenamento che si ripropone in tutti i Rocky, nel secondo capitolo della
saga è forse più carica di significato; inseguito prima da un gruppetto di
ragazzini, poi da una città intera, Rocky trascina dietro di sé la gente
diventando il simbolo del riscatto sociale e del “tutti possono farcela”. Tanto
che ancora oggi i turisti di Philadelphia non possono resistere dal fare di
corsa le famose scale e, una volta giunti in cima con il fiatone, alzare i
pugni in aria gridando “ce l’ho fatta!”.
#2 - Il padrino (F.F.Coppola, 1972). Scena finale. Kay
Adams (Diane Keaton) versa qualcosa da bere; suo marito le ha permesso per la
prima e ultima volta di chiedergli chiarimenti sui suoi affari. Michael (Al
Pacino) le ha confessato che non è vero
quello che si sente in giro, non è lui il mandante degli assassini che
hanno fatto fuori quasi tutti i boss della malavita newyorkese. Ma dietro a
Kay, attraverso la porta rimasta aperta, si intravedono i fedeli compagni di
Michael baciargli la mano; è il nuovo don Corleone, degno erede di suo padre.
La porta si chiude, così come il cuore di Kay.
#1 - Barry Lyndon (S.Kubrick, 1975). Il duello più
bello della storia del cinema. Lentissima la scena, ma forse proprio per questo
carica di pathos, di tensione, di angoscia, sottolineata
dall’espressione del viso di Lord Bullington (Leon Vitali, incredibile come un
attore in grado di esprimere una tale emozione sia apparso in soli tre film)
deciso più che mai a far pagare caro al patrigno Barry Lyndon (Ryan O’Neal)
l’affronto subito. Impossibile creare una scena più densa di emozioni.
Altre scene meritevoli di entrare nella classifica: Qualcuno
volò sul nido del cuculo (M.Forman, 1975 – Partita a blackjack); Full metal jacket
(S.Kubrick, 1987 – Discorso iniziale del sergente Hartman); Shining (S.Kubrick,
1980 – Scena in cui Jack sfonda la porta); Seven (D.Fincher, 1995 – Scena
finale); Thelma & Louise (R.Scott, 1991 – Scena finale); A qualcuno piace
caldo (B.Wilder, 1959 – Scena in cui Marilyn prende il treno); C’era una volta
in America (S.Leone, 1984 – Scena in cui Dominick mangia il bignè sulle scale);
Platoon (O.Stone, 1986 – Morte di Elias); Arancia meccanica (S.Kubrick, 1971 –
La cura Ludovico);………….
M.F.
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