cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

martedì 14 febbraio 2012

L'inizio e il punto dello shoegaze: i My Bloody Valentine

turn my head / into sound [Sometimes]



Nel panorama musicale i primi anni ’90 sono stati un periodo molto fecondo, con un’esplosione di nuove idee e generi. A far da padrone fu soprattutto il grunge di Seattle, ma nello scenario più underground questo fu il periodo d’oro dello shoegaze, genere musicale che in realtà nasce qualche anno prima con i Jesus and Mary Chain, ma che trova il punto di massima espressione con l’uscita dell’album Loveless dei My Bloody Valentine nel 1991, seguito nel 1993 da Souvlaki degli Slowdive.
La peculiarità che contraddistingue lo shoegaze è il suono delle chitarre, distorte e nervose, con un tormento continuo della pedalina e lo sguardo dei chitarristi fisso su di essa, come se si stessero guardando le scarpe (da qui il termine shoegaze). In questo modo il suono della chitarra raggiunge punti molto alti, e la sua distorsione crea il cosiddetto muro sonoro: un suono continuo, stabile, senza riff. La voce di conseguenza perde importanza, e nella maggior parte delle canzoni infatti essa funge soprattutto da riempimento, da accompagnamento al suono delle chitarre. Si tratta comunque sempre di parti vocali impalpabili, ineffabili, tristi, più che voci echi che creano un'atmosfera suggestiva e quasi mistica.
La potenza musicale dello shoegaze viene avvertita soprattutto nelle performance live, durante le quali il muro sonoro ha ampio spazio di diffusione, e nelle quali i My Bloody Valentine in particolare sono noti per aver raggiunto la frequenza più alta nel suono delle chitarre.

I gruppi shoegaze, ad eccezione forse dei My Bloody Valentine, non raggiunsero il successo commerciale, nonostante l’apertura di quel periodo dei media verso i nuovi scenari musicali (mi riferisco in particolare alla programmazione di MTV), ed essi andarono così a sbattere contro il proprio muro sonoro, forse penalizzati dalla limitatezza di melodie cantabili o ballabili tanto apprezzate dalle masse.
Alcune band che agli esordi rientravano nel movimento shoegaze, come i Blur o i Catherine Wheel, raggiunsero il successo orientandosi verso altri scenari musicali, più orecchiabili.

 
Il fenomeno ad ogni modo non è morto del tutto, e ha avuto una sua rinascita nell’ultimo decennio (cito soprattutto gli Amusement Parks on Fire e gli Alcest, ma vi sono molte altre band interessanti), con le variazioni del caso come la riduzione dell’impatto del muro sonoro e l’aumento delle melodie e del suono della voce. Lo shoegaze, nonostante la scarsa diffusione, ha lasciato sicuramente un’impronta importante nella musica alternativa degli anni ’90, e forse deve il suo fascino proprio al fatto di essere rimasto un fenomeno di scarso appeal per il pubblico più commerciale.

L'album Loveless dei My Bloody Valentine rimane comunque il frutto più rappresentativo dello shoegaze, capolavoro indiscusso del gruppo e del genere. Per la realizzazione dell'album molto si deve a Kevin Shields, chitarrista e compositore di tutte le musiche della band, che riuscì con 11 tracce a creare qualcosa che mai prima si era udito, 11 tracce dalla portata innovativa straordinaria, 11 tracce che dalla prima all'ultima permettono all'ascoltatore di perdersi in un suono quanto mai onirico e sfuggente. Un album che fa perdere ogni contatto con la realtà, che trasporta in una dimensione extraterrena.
E Sometimes è il capolavoro indiscusso del disco, anche se forse nel mio giudizio sono influenzata da un film, Lost in translation, dove una delle scene più belle è accompagnata proprio da questa canzone. Il muro sonoro è ovviamente il grande protagonista: la voce, quasi sussurrata, viene coperta da una stratificazione di chitarre stranianti, tanto che in alcuni punti sembra quasi scomparire, il tutto accompagnato da un basso vibrante. Una marea di suoni che non risulta però mai caotica, anzi tutto è perfettamente in armonia, sospeso in un ordine ancestrale.

Sometimes è il manifesto di quest'arte d'avanguardia chiamata shoegaze, poco apprezzata dal pubblico delle masse, ma del resto si sa che l'arte non è per tutti, così come lo shoegaze non è per tutti ma solo per coloro che accettano di farsi inghiottire da questo un muro sonoro e intraprendere così un viaggio ad occhi aperti.

D.C.



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