cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

martedì 14 febbraio 2012

“Eureka!”

Storia di un uomo a cui mancava un punto d’appoggio per sollevare il Mondo.

Nel III secolo a.C. Siracusa era una cittadina fortificata perennemente contesa tra romani e cartaginesi per il suo grande ruolo strategico, al centro del Mediterraneo e quindi del mondo allora conosciuto e soprattutto porto di una regione, la Sicilia, che, strano a dirsi al giorno d’oggi, a quei tempi era una delle terre più ricche, e che verrà in seguito considerata il “granaio di Roma” prima della conquista dell’Egitto.
Siracusa era governata sin dal 270 a.C. da un tiranno, Gerone II, che era solito mettere il piede in due scarpe: non riuscendo a decidersi su chi affidare la protezione della città, egli manteneva buoni rapporti sia con Cartagine che con Roma, fino a che dopo numerosi ribaltoni firmò un’alleanza con quest’ultimi.
A quel tempo viveva a Siracusa un uomo, un fisico, un matematico, un inventore: un genio. Archimede era tutto questo, e dedicava il suo tempo al piacere della scoperta e della conoscenza, per buona fortuna di chi è venuto dopo di lui. La Storia (e sulla stessa lunghezza d’onda si pone anche Vittorio Alfieri nel suo trattato “Del principe e delle lettere”) ci insegna che i migliori scienziati, inventori, artisti, hanno espresso il meglio delle loro capacità intellettuali e creative alle dipendenze di tiranni o signori, basti citare Leonardo da Vinci e Ludovico il Moro, Fidia e Pericle, o il mecenatismo dei Medici a Firenze. Accadde anche per Archimede, che si dice fosse addirittura parente di Gerone e che in ogni caso fu da lui sostenuto e stimato.
La vita di Archimede ci è stata trasmessa attraverso una serie di aneddoti, spesso anche buffi, che contribuiscono ad aumentare il fascino di questo personaggio. Si racconta che un giorno il re Gerone diede ad Archimede una corona d’oro ricevuta in dono chiedendogli di verificare se fosse veramente tutta d’oro, ma con l’ordine di non scalfirla. Archimede passò notti insonni e giorni tormentati non riuscendo a trovare una soluzione al grattacapo. Un giorno, mentre si stava lavando in una vasca (una cosa rara dato che si dice che fosse talmente preso dalle sue invenzioni da dimenticarsi talvolta di lavarsi o mangiare), si accorse che immergendosi il livello dell’acqua saliva, ed ipotizzò che l’immersione di un oggetto avrebbe spostato una quantità d’acqua proporzionale al proprio volume. Ora, sapendo che il volume di un oggetto d’argento è minore rispetto a quello di un oggetto d’oro dello stesso peso, fece fabbricare due blocchi dello stesso peso della corona, uno d’oro ed uno d’argento, riuscendo a scoprire così la truffa di cui era stata vittima Gerone, in quanto la corona spostava una quantità d’acqua simile al blocco d’argento. Archimede era così entusiasta della sua intuizione che saltò subito fuori dalla vasca in cui si stava lavando e, senza nemmeno prendersi la briga di vestirsi, corse da Gerone tutto nudo per la città urlando “Eureka! Eureka!” (“Ho trovato! Ho trovato!”). 


La genialità inventiva di Archimede era riversata nei più svariati campi, dalla creazione di pompe che permettevano di sollevare l’acqua (la “vite di Archimede”), al planetario, all’orologio ad acqua, ai numerosissimi teoremi matematici compresa la scoperta del π (3,14) tanto odiati dagli studenti di matematica di tutti i tempi, e così via. Ma Archimede fu molto attivo anche in campo militare, con la creazione di alcune macchine diaboliche che nell’assedio di Siracusa del 212 a.C. tennero per molto tempo sotto scacco i romani. Dopo la morte di Gerone, infatti, il potere era passato nelle mani di Geronimo che aveva rotto l’accordo con i romani, i quali erano appena usciti sconfitti nell’epica battaglia di Canne contro Annibale. Siracusa venne quindi messa sotto assedio. La città resistette per molti mesi grazie soprattutto ai macchinari difensivi inventati da Archimede, come ad esempio il perfezionamento della catapulta, o la creazione di particolari bracci dotati di uncini i quali afferravano le navi romane e le scaraventavano in mare come fossero giocattoli; o, ancora, l’utilizzo di particolari specchi detti ustori che facevano confluire la luce del Sole in un unico punto incendiando le navi dei romani, i quali superstiziosi com’erano credettero di aver a che fare con qualche divinità irata. Fino a che, si dice per colpa di un tradimento, Siracusa cadde, e il generale romano Claudio Marcello, colpito dalla genialità delle invenzioni di Archimede, ordinò ai propri legionari di risparmiare l’inventore durante il sacco della città. Ma si sa, i soldati romani erano spesso gente rozza e irascibile, e uno di loro, scorto Archimede, gli intimò di seguirlo per consegnarlo al generale: lo scienziato, però, preso com’era da alcuni disegni che stava tracciando sulla sabbia, non aveva orecchi ed occhi per nessuno, tantomeno per il legionario, il quale persa la pazienza decise di trafiggere Archimede. 
Fu così che a settantacinque anni morì uno degli uomini più straordinari che la scienza abbia avuto, al quale, come era solito ripetere, sarebbe bastato un punto d’appoggio per sollevare il mondo: una frase libera da interpretazioni, alla base della sua teoria sulle leve, che ci spiega come con un punto, in fin dei conti, tutto sia possibile.


M.F.

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