cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

mercoledì 31 ottobre 2012

Stoccolma, che paura!

Arriviamo a Stoccolma, ci perdiamo, sbagliamo l’uscita della stazione dei treni –è grandissima-, piove, siamo felici, ci guardiamo attorno e tutto è solo incantevole. Piove tantissimo e noi siamo gongolanti, pimpanti. Camminiamo, attraversiamo un ponticello ed entriamo nella ‘città vecchia’, a ‘Gamla Stan’. Avevamo letto che ‘il modo migliore per visitare Gamla è quello di lasciarsi trasportare fuori strada dall’improvvisa apertura di un vicolo tra due case così da scoprire angoli inattesi; seguire lo snodarsi tortuoso delle stradine fino a piazzette piene di atmosfera’; noi ci siamo lasciate vincere dalla suggestione di quei viottoli così piottoreschi ed eleganti finchè siamo approdate al Palazzo Reale. E lì, di fronte a quell’enorme edificio, abbiamo quasi avuto PAURA. Giriamo un po’ quando quasi ci scontriamo con due enormi leoni di pietra a fiancheggiarne l’ingresso; vorremmo entrarci ma sono già le sei e mezza e qui chiude tutto alle cinque. Continuiamo con la nostra avanscoperta ed arriviamo a ‘Stortorget’, piazza dove nel 1520 avvenne il ‘bagno di sangue’ di Stoccolma, in occasione del quale furono uccisi gli 82 nazionalisti che si dichiararono contrari all’unione con la Corona danese. Per quanto ‘macabra’ sia la sua storia, questo cantuccio di Stoccolma non mette PAURA; c’è una bella fontana, il Museo dei premi Nobel, i palazzi in stile classico; tutto è imponente e ‘serio’, ma le pasticcerie e i caffè riescono a smussare il tono degli edifici.

Anche se lo zaino non pesa poi così tanto le spalle cominciano a dolermi, Giulia non parla più, si guarda attorno e di quando in quando lancia un gridolino di contentezza. Cominciamo a cercare seriamente la via dell’ostello in cui dovremmo fermarci a dormire, cerco di orientarmi dalla cartina ormai inzuppata di pioggia quando sento: ‘sorryyy..’ e bla bla bla. Ha fermato un enorme signore sulla cinquantina, parlano parlano parlano e lui non la lascia più; faccio quasi per svignarmela, ma lei mi chiama e di nuovo mi torna quel senso di PAURA che mi aveva presa nell’incrociare i leoni del Palazzo Reale: ho PAURA che non mi diano modo di togliermi le scarpe e di cambiarmi i calzini fradici. Nonostante il bagnato mi sforzo di essere cortese e ricominciamo a camminare. Tutto a Stoccolma è veramente imponente, non capisco se sia il buio a conferirle anche un tono un po’ tetro, o il fatto che per le vie non ci sia anima viva –a parte me, Giulia e quell’uomo da un metro e novanta per uno-, non capisco. Ci perdiamo di nuovo: troppe informazioni, l’ inglese pessimo, le stradine..passiamo un ponte –l’ennesimo- e ci accorgiamo che ha smesso di piovere. Alzo la testa al cielo e rimango basita per le altissime guglie che svettano in sù sù sù. Sono le guglie della Riddarholmskyrkan, una chiesa conventuale fondata per i francescani verso il 1270 da un re di nome Magnus. MAGNUS, ‘grande’, sicuramente ci ha azzeccato, ha reso l’idea della grandezza che probabilmente aveva in mente. Ci giariamo attorno e non finisce più, è tutto chiuso; avrei voluto vedere i vari sarcofagi delle diverse dinastie reali –soprattutto verdi e rossi, dice la mia guida-. Decidiamo che fa freddo, che è ora di prendere in mano la situazione e di dirigersi verso la calda dimora.


È giorno, non piove più, Stoccolma è più serena. C’è anche un po’ di sole, siamo fortunate; in inverno qui piove sempre –anche se è solo ottobre si può decisamente parlare di ‘inverno’-. Stoccolma città d’arte straripa di musei, ve ne sono moltissimi, per tutti i gusti: c’è il National Museum, quello dell’esercito, quello storico, della marina, della telegrafia e della telefonia; a Stoccolma ce n’è per chiunque. Noi decidiamo di darci all’arte e ci dirigiamo, stavolta senza troppi problemi, verso il Moderna Museet, il Museo Nazionale di arte moderna e contemporanea. Dentro vi sono esposti i quadri e le installazioni dei geni che hanno segnato l’arte dell’ultimo secolo: per la pop art c’è Warhol, poi Pollock, Matisse, c’è Fontana il taglia-tele, Klee, Mirò, un Modigliani, Kirchner, Kandinskij, Braque, Mondrian e infine una mirabile esibizione intitolata “He was wrong” che affianca P.Picasso e M. Duchamp. Picasso, che personificò il pittore moderno, e Duchamp, l’ironico indifferente e il grande degli scacchi, che cambiò la pittura e trasformò l’arte in un labirinto di divertimenti intellettuali. Tutto questo talento, la loro creatività, dopo un po’ mi lascia senza parole, non credo si possa parlare di PAURA dell’arte, ma del loro genio un po’ sì. Giriamo per due lunghissime ore tra le stanze del Moderna, sorpassiamo le scolaresche e inciampiamo sui più piccoli seduti per terra e stremati da tutti quei quadri. Usciamo.
Ora tocca al grandissimo parco dello Skansen, ci dovrebbero essere molti animali tipici di questi posti qui; un’amica ci ha detto di una civetta enorme, delle linci e pure delle renne. Ci dirigiamo verso est col timore che faccia buio troppo in fretta; chissà che non ci tocchi passare la notte chiuse là dentro.



Sai che PAURA?!








S.T.

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