cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

mercoledì 31 ottobre 2012

La paura fa '90

Nel 2011, dopo dieci anni di assenza, tornano sulle scene musicali i Bush con il loro nuovo lavoro, The Sea Of Memories. La band inizia un grande tour in America e in Europa per promuovere il disco.



Bene, pensai. «La faranno una maledetta data anche in Italia, così finalmente li vedrò dal vivo». E un giorno ecco finalmente la notizia: i Bush suoneranno all'Alcatraz di Milano il 5 settembre. Felicità, e paura. Sì, paura.



Non siamo più negli anni in cui i Bush esordivano con un disco, Sixteen Stone, in grado di unire melodie orecchiabili ad un sound sporco, robusto, tipicamente grunge. Non siamo più negli anni in cui Gavin Rossdale, giovane e pieno di carisma, cantava con voce roca “Don't let the days go by, Glycerine”. Non siamo più negli anni in cui ai concerti si andava per ascoltare il proprio gruppo del cuore. Non siamo più negli anni in cui, alla canzone più bella, si tirava fuori l'accendino dalla tasca dei jeans. Non siamo più negli anni in cui la musica era anche uno stile di vita, un credo, un tutto.

Siamo negli anni in cui ai concerti si va perché fa figo andarci. Siamo negli anni in cui invece degli accendini ai concerti si porta l'ultimo modello di iphone. Siamo negli anni in cui ad un live ciò che è fondamentale fare sono delle foto da postare sul proprio social network. Siamo negli anni in cui per andare ad un concerto si devono sborsare anche 70 euro.



Gli anni '90 sono finiti. Gli anni dei Nirvana, degli Smashing Pumpkins, dei Pearl Jam, dei Sonic Youth, dei Bush sono finiti. I concerti di una volta non ci sono più, e bisogna farsene una ragione. E io me la sono fatta, ecco perché pur sapendo benissimo che i Bush del 2012 non sono i Bush del 1994, ho rischiato. Ho comprato il biglietto e sono andata fino a Milano per vederli.

Avevo paura, paura di dover dare ragione a quegli amici che mi avevano detto «Che cazzo vai a vedere i Bush adesso? Non ha senso, Gavin non avrà un filo di voce». Avevo paura di rimanere delusa.



I miei amici si sbagliavano, eccome se si sbagliavano. Sono in prima fila. I Bush entrano e aprono il concerto con Machinehead. La fanno perfettamente. Sono in gran forma. Mi viene quasi da piangere. Gavin è gentilissimo, si rivolge al pubblico ringraziandolo e dicendo che è consapevole che la maggior parte dei presenti non ha neppure ascoltato il nuovo lavoro e li invita a farlo. Io, lo ammetto, sono tra quelli. Fanno un paio di canzoni del nuovo disco, ma tutta l'attenzione è per i grandi successi degli anni '90: Swallowed, Alien, Little Thing, Prize Fighter, Greedy Fly, Comedown e, naturalmente, Glycerine. Appena il pubblico sente attaccare questi pezzi storici va in delirio, sintomo che non sono l'unica a provare nostalgia per quel poco degli anni '90 che sono riuscita a vivere. Il concerto finisce e io sono sotto shock. Un live del genere non me lo aspettavo. Gavin saluta il pubblico ringraziandolo ancora una volta ed esprimendo la sua gioia per essere tornato a suonare in Italia. Scende dal palco, ha in mano due plettri. Uno lo dà ad un ragazzo che per tutto il concerto non aveva smesso un attimo di cantare. Poi si gira e viene dalla mia parte. «Lo darà sicuramente alla ragazza con le tette fuori vicino a me» pensai. Non avevo neanche allungato la mano più di tanto. E invece Gavin viene proprio da me, mi apre la mano, dove mette il plettro, e me la richiude. In quell'istante mi sembrò che per un attimo, solo un attimo, gli anni '90 non fossero mai finiti.




D.C.



Ascolto Consigliato: Bush, Sixteen Stone (1994)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

D.C.non preoccuparti che la buona musica degli anni '90 esiste ancora, solo dobbiamo prendere atto che la critica, intesa come esclusivamente musicale, non esiste più e non possiamo quindi più contare su una sorta di "guida" che si rifletta su quel che propone la radio e soprattutto la tv o il computer, perchè-ahimè-la musica nel 2012 è un prodotto da guardare. Questo accade a tutti i livelli: il soldo e l'apparenza la fanno da padrona e spetta quindi a noi spulciare qua e là in cerca di quel che vogliamo, sopratutto a livello artistico dove misuriamo con un metro estetico, che nessuna attività a scopo di lucro ha l'interesse di adottare. A livello di musica c'è ad esempio tutto il filone etno-jazz-fusion che si sta incontrando e misurando ormai da 15 anni a sta parte con tutte quelle correnti di musica elettronica e sperimentale tipiche di questo periodo. C'è poi da dire che in questi ultimi anni soprattutto le nuove generazioni pare non abbiano neanche più gli strumenti per ascolarla, la musica. Ti propongo due artisti secondo me davvero molto bravi: uno è Hermeto Pascoal, che più di musicista lo considero uno "Sciamano della musica", l'altra è Anoushka Shankar, (figlia di Ravi, che ha collaborato con Beatles e Harrison) che fonde musica indiana, jazz, elettronica e pop. Un pò difficilotti ma fenomenali, direi addirittura "da trans".
Ares

il pentagramma ha detto...

Caro Ares,
grazie mille per il tuo interessante commento! Si sicuramente in giro si trova ancora della buona musica (per fortuna!!!), però mi dispiace vedere tante piccole realtà musicali davvero brave, originali, mosse da vera passione, passare per lo più inosservate a causa di un mercato musicale assurdo. Speriamo che in futuro qualcosa cambi. Grazie per i tuoi suggerimenti, mi hai dato ottimi spunti per i futuri articoli :)