cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

venerdì 16 novembre 2012

Il volto

Quella sera mi ero attardato fuori con gli amici e quando prestai attenzione all'orologio la mezzanotte era passata da poco. Decisi allora di congedarmi dall'allegra compagnia e di affrontare la via del ritorno. Sentivo sulla pelle l'aria fresca di fine estate e la luna alta nel cielo m'illuminava leggermente il volto. Non vi era nessuno oltre a me, persino lungo le vie principali pochi erano i fari che mi sfrecciavano accanto. Un senso di potere mi pervadeva, come se fossi l'ultimo uomo rimasto sulla terra. La mia ombra si allungava innaturalmente passando sotto i lampioni accanto alla strada e io procedevo a passi lenti e regolari. Stranamente il senso di fretta che avevo provato alla partenza era completamente svanito. Ora ero tranquillo, immerso nella solitudine della notte e dei miei pensieri. La luna ascendeva lentamente mentre mi inoltravo per alcune vie secondarie. Ebbi subito la malevola sensazione di essere entrato in un mondo parallelo, un mondo scuro, privo di qualsiasi forma di luce, coperto dal nero velo notturno. Questo fu il forte sentimento che mi oppresse, un'angosciosa sensazione di innaturale terrore. Non ne capivo il perché. Quelle strade mi erano così familiari sotto la calda e rassicurante luce del sole, ma in quel momento, nell'oscuro ventre della notte, tutto era diverso, grottesco, storpiato. Mi guardavo intorno con aria sospetta, i miei sensi erano divenuti ipersensibili.
Lo scricchiolio leggero di una foglia secca, il movimento delle fronde scostate dal vento, persino il rumore delle gocce che cadevano in terra, tutto mi faceva sobbalzare. Gli angoli bui si affollavano intorno a me. Mi sentivo seguito, sentivo delle presenze nell'oscurità ma sapevo che era solo il folle gioco della mia mente, non ero più padrone della mia vista o del mio udito. Dietro l'ombra non vi era nulla. Senza volerlo velocizzai il passo e cominciai ad ansimare sommessamente. La sensazione di disagio si stava completamente impadronendo di me. Odiavo quella momentanea solitudine, la odiavo con tutto me stesso. Svoltai l'angolo e mi trovai a poche vie di distanza dalla mia dimora. Come supponevo la strada era totalmente vuota. In lontananza sentivo il leggero abbaiare di un cane, ma era come l'eco di un'era lontana. Continuavo a camminare, ora tenendo la testa bassa per timore che qualcosa attraversasse il mio cammino. Il silenzio regnava sovrano. Quando arrivai alla fine della stretta via alzai lentamente gli occhi, mi trovavo di fronte ad una grande casa bianca con un ampio giardino. Ero passato molte volte per quella strada ma non mi ero mai soffermato su quella singola casa. Notai, dopo un rapido sguardo, una piccola finestra che dava su un balcone, posta probabilmente al secondo piano. C'era qualcosa che attirava la mia attenzione e che non mi permetteva di proseguire. Guardai più attentamente e solo in quel momento lo notai. Il sangue mi si gelò nelle vene e per un istante non riuscii più a respirare. Possibile che la mia mente mi avesse abbandonato. Stavo probabilmente sognando ad occhi aperti, certamente non poteva essere reale. Affacciato alla finestra vidi un'orribile volto cadaverico. Due piccoli occhi, di un colorito azzurro cristallino ma privi di ogni scintilla vitale, erano incastonati in due grandi conche scure di carne rafferma. Del volto, il cui colorito biancastro brillava fievolmente alla luce dei lampioni, non capivo bene i contorni. L'oscurità che lo circondava me lo impediva. Il naso, proporzionato al viso, era leggermente arcuato e le fini labbra violacee erano chiuse in un'espressione dura e impenetrabile. La figura era immobile, talmente vicina al vetro che qualsiasi altra persona avrebbe lasciato grossi aloni di caldo respiro. In questo caso invece essi erano del tutto assenti. Cercai di distogliere l'attenzione da quell'orribile immagine ma capii che non ci sarei riuscito; ero come ipnotizzato. Ad un tratto quegli occhi così freddi e innaturali si posarono sulla mia esile figura. In quel momento mi sentii perduto. Non vi era posto sulla faccia della terra dove potessi nascondermi, quello sguardo mi avrebbe sempre trovato. Cominciai a tremare. I miei occhi erano velati da un'ombra che non riuscivo ad allontanare. Lì, al secondo piano della grande casa bianca, affacciata alla finestra, qualcosa mi guardava, scavava nei miei pensieri e prendeva possesso del mio animo e del mio corpo. Un grido ruppe quell'atmosfera onirica, un grido inumano che, con mio grande orrore, proveniva proprio dalla casa che avevo di fronte. Staccai il mio sguardo dalla finestra e mi guardai attorno, come appena svegliato da uno stato comatoso. Pregai le mie gambe di portarmi più lontano possibile da quel luogo maledetto ma esse non mi ascoltarono. Rimasi immobile, pietrificato come una statua greca. Istintivamente il mio sguardo cercò nuovamente la piccola finestra. Oh mio Dio quanto sperai che non vi fosse più nulla. Ma egli era ancora lì fermo e mi osservava silenzioso.
Notai però un orribile cambiamento nella sua espressione. Le sottili labbra violacee si erano leggermente sollevate in un sorriso, un sorriso freddo, osceno e mortifero. Delirai. Le catene che mi tenevano fermo si ruppero ed io cominciai a correre in preda al terrore primordiale. Non ricordo come feci ad arrivare a casa, mettermi a letto e soprattutto ad addormentarmi. La visione di quel volto era viva nella mia mente, come se fosse sempre lì di fronte a me. La mattina dopo mi svegliai grondante di sudore. Mi guardai attorno spaesato. Tutto sembrava indistinto, irreale. Non ricordai immediatamente quel che era successo la notte precedente e quando tutto mi tornò alla mente mi sembrò quasi una favola. Mi convinsi che si trattava solo di un orribile incubo. Ora, sapendo che nulla era realmente accaduto, mi sentivo meglio. Il senso di disagio lentamente svanì, come trasportato da un tiepido vento. Mi sedetti sulla sedia e feci colazione, poi con molta calma lessi il giornale. Fu solo all'ora che tutto quello che avevo provato nella mia assurda esperienza notturna, tutta la paura, l'oppressione e l'estremo terrore mi ricaddero addosso come una frana. Il respiro mi si strozzò in gola quando lessi sul giornale che nella notte una giovane donna era stata rinvenuta morta proprio nella casa bianca con l'ampio giardino. La stessa casa che, da allora, fa da sfondo a tutti i miei peggiori incubi. Accartocciai il giornale in un impeto di furia e lo gettai sul pavimento. Cercai nuovamente di convincermi ma fu tutto inutile. Le mie mani stringevano i braccioli della sedia come due artigli. Sapevo...lo sapevo fin troppo bene ma non volevo crederci. Non dovevo crederci! Ero impazzito ecco la verità, non sarei più stato lo stesso dopo quella notte. Una parte di me era rimasta lì in quella stretta via ad osservare, oltre una piccola finestra posta al secondo piano, il volto stesso della morte.



M.C.

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